Regolamento CBAM per aziende importatrici: i termini 2026
Come funziona il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, introdotto dal Green Deal europeo.
Nell’ambito del Green Deal, l’Unione Europea ha introdotto per le imprese il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), con l’obiettivo di ridurre i gas serra che derivano dalle attività produttive. Una scelta che, come altre misure imposte dalla strategia UE, deriva dall’analisi sulle principali fonti di immissione in atmosfera di gas climalteranti. Dal 1° ottobre 2023 al 31 dicembre 2025 il CBAM è in fase transitoria, per poi passare in fase definitiva il 1° gennaio 2026: per chi importa beni in UE è importante una conoscenza approfondita del suo funzionamento, degli obblighi correlati e delle modifiche apportate dal 17 ottobre 2025 con la pubblicazione del Regolamento (UE) 2025/2083, conseguentemente al pacchetto legislativo “Omnibus”.
Regolamento CBAM: cos’è
Il CBAM è un meccanismo, una misura economica che fissa un prezzo equo per il carbonio emesso durante la produzione di beni ad alta intensità di carbonio importati in UE, per non svantaggiare le imprese europee rispetto alle concorrenti extra-UE (poiché l’UE impone ai produttori europei regole ambientali molto stringenti) ed incoraggiando, inoltre, la produzione industriale più pulita nei paesi terzi.
A quali beni si applica il regolamento CBAM?
Questa tassazione si applica alle emissioni dirette ed indirette generate dalla produzione di cemento, ferro/acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità ed idrogeno (beni elencati nei codici doganali CN indicati nell’Allegato I del precedente Regolamento (UE) 2023/956 rientrano nel perimetro) – e comprende sia le materie prime usate per la produzione dei beni, che le lavorazioni specifiche dei prodotti.
Quali aziende italiane devono rispettare il CBAM?
È soggetta agli obblighi CBAM qualsiasi impresa importatrice — grande o piccola — che introduce nel territorio doganale dell’UE prodotti CBAM. Non è considerato, quindi, un fatturato minimo o le dimensioni dell’azienda: anche le imprese con bassi volumi di importazioni, sono tenute a presentare relazioni e ad acquistare certificati CBAM come tutte le altre imprese.
Chi è esentato?
- Stati EFTA al di fuori dell’UE: i Paesi terzi che partecipano al sistema ETS o che hanno un sistema di scambio di quote di emissioni equivalente. Attualmente tali Paesi sono: Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.
- Importatori di merci dal valore ridotto: se il valore totale delle merci è inferiore a 150 EUR, l’importatore è esentato dal CBAM.
- Merci in reintroduzione: i prodotti CBAM esportati dall’UE verso un Paese terzo e che vengono poi reintrodotti nell’Unione a causa di circostanze impreviste non rientrano nel CBAM.
- Scopi militari: se le merci sono importate dalle autorità militari di un Paese dell’UE nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune dell’UE o della NATO, gli obblighi del CBAM sono soppressi;
- Il nuovo aggiornamento include l’esenzioni de minimis per i piccoli importatori: sono esentati dagli obblighi del Regolamento CBAM se introducono meno di 50 tonnellate all’anno di beni CBAM nell’Unione Europea all’anno, semplificando di molto le procedure per PMI e privati.
Come funziona il meccanismo CBAM per le emissioni di carbonio in Europa
Come adeguarsi al CBAM? Il Regolamento CBAM stabilisce gli obblighi per le aziende importatrici, che si possono così riassumere:
- Registrazione come dichiarante autorizzato (Authorized CBAM Declarant): le aziende che importano beni soggetti al CBAM devono registrarsi come “dichiaranti CBAM autorizzati” nel Registro CBAM (UUM&DS);
- Monitoraggio dei beni importati soggetti a CBAM: le aziende devono identificare i beni importati che rientrano nella sfera del CBAM (es: cemento, ferro-acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità) e tenere traccia delle quantità importate;
- Calcolo delle emissioni dirette e indirette incorporate nei beni importati:
– Emissioni dirette: quelle derivanti dal processo di produzione dei beni, inclusi riscaldamento/raffreddamento consumato.
– Emissioni indirette: quelle derivanti dall’elettricità consumata nel processo di produzione.
Le aziende che hanno svolto il calcolo della carbon footprint sono avvantaggiate, in quanto la contabilizzazione delle emissioni è il cuore di questa attività strategica.
- Reporting periodico (fase transitoria) delle emissioni incorporate:
– Durante la fase transitoria (dal 1° ottobre 2023 al 31 dicembre 2025) gli importatori devono presentare rapporti trimestrali sulle emissioni incorporate nei beni importati;
– Il rapporto deve indicare per ciascun fornitore, per ciascun tipo di bene importato, le quantità importate e le emissioni incorporate.
- Preparazione per la fase definitiva (dal 1° gennaio 2026 in avanti)
– A partire dal 1° gennaio 2026 gli importatori dovranno acquistare e poi rendere (surrender) i certificati CBAM (“CBAM certificates”) corrispondenti alle emissioni incorporate nei beni importati;
– La sottomissione della dichiarazione annuale è slittata (successivamente all’ultimo aggiornamento): potrà essere effettuata entro il 30 settembre dell’anno successivo alle importazioni (es. per il 2026 → entro 30 settembre 2027).
È stata inoltre imposta una deroga temporanea all’obbligo di autorizzazione per i dichiaranti CBAM: chi presenta domanda di autorizzazione entro il 31 marzo 2026 potrà continuare a importare fino alla decisione dell’autorità;
- Documentazione e verifica:
– Le aziende devono mantenere documentazione adeguata che permetta di verificare i dati delle emissioni (quantità importate, calcolo delle emissioni, eventuale prezzo del carbonio già pagato all’estero).
– Le emissioni dichiarate possono essere soggette a verifica da parte di un verificatore accreditato.
- Adeguamento al metodo regolamentare: le aziende devono applicare il “metodo UE” per il calcolo delle emissioni incorporate entro le tempistiche stabilite;
- Sanzioni in caso di non-conformità: il mancato rispetto degli obblighi di reporting o il non corretto calcolo e dichiarazione delle emissioni può comportare sanzioni, che variano per ciascuno Stato membro (in alcuni casi tra 10 € e 50 € per tonnellata di CO₂eq non dichiarata).
Regolamento CBAM: esempio pratico
Una PMI italiana importa 100 tonnellate di profili di alluminio dalla Cina.
1. Fase transitoria:
- Non dovrà acquistare certificati CBAM;
- Dovrà presentare report trimestrali sulle emissioni incorporate nei beni importati (indicando codice doganale, quantità, dati del produttore, emissioni dirette e indirette di CO₂eq.) – con l’aggiornamento del Regolamento del 17 ottobre 2025, è stata modificata la regola sul numero minimo di certificati CBAM da mantenere: la soglia trimestrale scende dall’80% al 50%;
2. Fase definitiva:
- L’azienda dovrà registrarsi come “dichiarante CBAM autorizzato” nel registro CBAM presso l’Agenzia delle Dogane (ADM);
- Acquistare certificati CBAM proporzionali alle emissioni incorporate – l’obbligo di acquisto dei certificati CBAM, inizialmente previsto per il 2026, è stato posticipato a febbraio 2027;
- Presentare la dichiarazione annuale CBAM entro il 30 settembre dell’anno successivo;
- Restituire (“surrender”) i certificati CBAM corrispondenti alle emissioni dichiarate;
- Nuova disciplina sul riacquisto dei certificati CBAM: ora, il dichiarante può riacquistare tutti i certificati che era tenuto ad acquistare nell’anno di riferimento, con termine per la richiesta posticipato al 31 ottobre. Il riacquisto avviene tramite la piattaforma centrale comune, con la Commissione che gestisce l’eccedenza per conto dello Stato membro del dichiarante.
CBAM e EU ETS: differenze
CBAM e EU ETS sono due strumenti complementari della politica climatica dell’UE, ma operano in ambiti diversi e con meccanismi distinti.
Il meccanismo CBAM, come abbiamo visto, ha come scopo la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (“carbon leakage”), cioè impedire che la produzione si sposti fuori dall’UE verso Paesi con regole ambientali meno severe.
L’EU ETS (Sistema di Scambio delle Quote di Emissione dell’Unione Europea) ha invece l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra all’interno dell’UE facendo pagare le imprese per le loro emissioni. È un “mercato del carbonio” che funziona fissando un tetto massimo (cap) alle emissioni complessive consentite per gli impianti e le aziende incluse nel sistema. All’interno di questo limite, le imprese possono scambiarsi le quote, o permessi, di emissione (ovvero dei diritti ufficiali a emettere una certa quantità di gas serra, di solito misurata in tonnellate di CO₂ equivalente): chi inquina meno del proprio limite può vendere le quote in eccesso, mentre chi supera il tetto può comprarle per regolarizzare la propria situazione.
Ogni anno le aziende devono restituire un numero di quote pari alle emissioni effettive misurate dagli organismi di controllo. Chi non rispetta queste regole rischia sanzioni severe, per incentivare comportamenti più sostenibili e ridurre progressivamente l’inquinamento.
Attualmente l’EU ETS riguarda quattro settori:
- Produzione di energia elettrica e calore
- Industrie ad alta intensità energetica (acciaio, cemento, carta, ecc.)
- Aviazione all’interno dell’UE
- (Dal 2027) trasporti marittimi e parte del settore edilizio e trasporti stradali (EU ETS 2)
Interazioni tra i sistemi CBMA e ETS
Nel framework normativo europeo pensato per promuovere la transizione energetica e il passaggio verso un’economia a basse emissioni di CO2, il CBAM ha un ruolo chiave anche per la sua integrazione con l’ETS, che avrà significative ripercussioni economiche e ambientali sia all’interno dell’UE, che a livello globale, in quanto:
- Entrambi incentivano la riduzione delle emissioni;
- Entrambi stabiliscono un “prezzo del carbonio” come strumento di policy climatica;
- Il CBAM può compensare le emissioni non coperte dall’ETS e rafforzare l’efficacia complessiva della strategia europea sul clima;
- Dal 2026 al 2034, inoltre, le quote gratuite ETS (quote che alcune aziende ricevono gratuitamente, senza doverle acquistare sul mercato) verranno eliminate progressivamente, mentre entrerà a pieno regime il CBAM.
La piena attuazione di queste disposizioni dovrebbe rafforzare l’efficacia e la coerenza del sistema di controllo delle emissioni, riducendo le disparità tra i prodotti realizzati nell’UE e quelli importati e promuovendo una maggiore armonizzazione delle politiche climatiche a livello globale, creando un mercato più equo per i prodotti a basse emissioni.
Inoltre, dovrebbe incentivare l’adozione di tecnologie più pulite e pratiche sostenibili, come l’incremento dell’uso di energie rinnovabili e la riduzione dell’impronta carbonica dei processi industriali, accelerando la transizione verso un’economia globale a basse emissioni di gas serra.
Questi interventi contribuiranno a contenere l’aumento della temperatura globale, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.