Bilancio di Sostenibilità: le novità della CSRD

La Corporate Sustainability Reporting Directive è la nuova direttiva europea che introduce richieste stringenti di rendicontazione non finanziaria

Le grandi imprese di interesse pubblico, come banche, assicurazioni e società quotate, con più di 500 dipendenti e con ricavi superiori ai 40 milioni annui hanno ben chiari i vantaggi derivanti dal bilancio di sostenibilità e dalla rendicontazione non finanziaria delle proprie attività, da quando nel 2016 è entrata in vigore la Non-Financial Reporting Directive (NFRD).

Per sostenere i propri obiettivi di sostenibilità, inclusività sociale e transizione verde entro il 2050, la Commissione Europea ha deciso di estendere la rendicontazione non finanziaria ad una platea più ampia di imprese, con un’attenzione specifica alla catena del valore collegata ad esse, arrivando a toccare, di fatto, anche le aziende non direttamente interessate dai vincoli normativi.

A gennaio 2023 è quindi stata adottata la nuova direttiva europea Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che introduce diverse novità nel panorama del Bilancio di sostenibilità in termini di organizzazioni coinvolte, di materialità e di prospettiva temporale da adottare.

 

Quali sono i nuovi obblighi (e vantaggi) per le imprese?

 

Dalle grandi imprese alle PMI: nuovi soggetti e standard comuni

 

La CSRD nasce allo scopo di aggiornare e ampliare il contenuto della NFRD, allargando il numero di organizzazioni soggette all’obbligo di rendicontazione non finanziaria.

Se la NFRD si limitava alle grandi imprese di interesse pubblico con oltre 500 dipendenti, con un ricavo netto delle vendite e delle prestazioni maggiore di 40 milioni di euro, la CSRD coinvolgerà gradualmente anche le grandi imprese (oltre 250 dipendenti) fino ad ora non soggette all’obbligo di rendicontazione e le PMI quotate.

Le tempistiche previste dalla CSRD per l’introduzione della rendicontazione non finanziaria dipendono dalla dimensione dell’impresa:

  • grandi imprese già soggette alla DNF: obbligatorio dal 2024;
  • grandi imprese non soggette alla DNF: obbligatorio dal 2025;
  • PMI quotate: obbligatorio dal 2026;
  • PMI non quotate: volontario;
  • microimprese, quotate e no: volontario.

È previsto un periodo di “phase-in” di tre anni, durante i quali se un’organizzazione non ha a disposizione i dati relativi alla propria catena del valore è obbligata a descrivere gli sforzi compiuti per ottenere le informazioni necessarie nel breve periodo.

 

Bilancio di sostenibilità e gli ESRS

 

Un altro risultato raggiunto dalla Commissione Europea è l’introduzione di parametri comuni con i quali rendicontare strategie e risultati raggiunti in termini ambientali, sociali e di governance. Sono gli ESRS, European Sustainability Reporting Standards, sviluppati dall’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) attorno ai tre pilastri ESG.

 

Gli ESRS coprono tre livelli di informazione: sector-agnostic, si applicano a tutte le imprese di tutti i settori; sector-specific, specifici per un determinato settore; o entity-specific per gli elementi specifici di una singola realtà. Gli standard si dividono in:

Standard trasversali, da applicare all’azienda nel suo complesso:

  • ESRS 1, General requirements (principi generali);
  • ESRS 2, General disclosures (strategia, gestione di impatti, metriche e target).

Standard tematici:

  • Environment: ESRS E1 (Climate change), ESRS E2 (Pollution), ESRS E3 (Water and marine resources), ESRS E4 (Biodiversity and ecosystems), ESRS E5 (Resource use and circular economy);
  • Social: ESRS S1 (Own workforce), ESRS S2 (Workers in the value chain), ESRS S3 (Affected communities), ESRS S4 (Consumers and end-users);
  • Governance: ESRS G1 (Business conduct).

 

Avere a disposizione un set di indicatori comuni a tutte le imprese permette di misurare e comparare impatti, opportunità e rischi legati alla sostenibilità partendo da standard condivisi.

Gli ESRS diventano quindi strategici nella redazione del bilancio di sostenibilità perché raccolgono in un unico documento tutte le informazioni necessarie a individuare missione sociale, economica e ambientale dell’organizzazione, tra cui: migliorare la comunicazione interna ed esterna, consolidare la reputazione sul mercato, dar conto degli obiettivi da conseguire e illustrare gli impatti diretti e indiretti su Stakeholder, ambiente ed economia.

 

La doppia materialità finanziaria e di impatto

 

La CSRD introduce una grande novità nella valutazione dei temi da inserire nel bilancio di sostenibilità: la doppia materialità. Secondo questa prospettiva, le questioni ESG creano rischi e opportunità sotto un doppio profilo: quello economico-finanziario e quello di impatto, ovvero ambientale-sociale. Come cita la Direttiva: «le aziende devono rendicontare su come i problemi di sostenibilità influenzano sulla loro attività e come impattano, dall’altra parte, anche sulle persone e sull’ambiente».

In parole semplici, la materialità economico-finanziaria (Financial Materiality) considera ciò che può aumentare o diminuire il valore aziendale in ottica finanziaria, mentre la materialità ambientale-sociale (Impact Materiality) considera le conseguenze sulle persone e sull’ambiente delle operazioni e dei prodotti dell’organizzazione.

I risultati dell’analisi sono di alto interesse per le aziende, che possono valutare gli impatti immediati delle loro scelte, prendere decisioni strategiche, fare previsioni sulle ricadute future nella propria catena del valore e mitigare per tempo gli effetti negativi, oltre che effettuare pianificazioni nel medio e lungo periodo.

 

Un’impresa che sceglie di fare un attento bilancio di sostenibilità e ampliare il suo orizzonte temporale sarà più resiliente, più preparata a gestire il cambiamento e più attenta alle aspettative per il futuro.

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